Kierkegaard

Kierkegaard

Le possibilità e le scelte dell’esistenza

Gli anni tormentati della giovinezza 

Søren Kierkegaard è un filosofo danese considerato il precursore dell'esistenzialismo, che ha concentrato la sua riflessione sul problema dell'uomo e dell'esistenza. Cresciuto in una famiglia tormentata dal senso di colpa, il giovane Kierkegaard ha sviluppato una concezione negativa dei rapporti umani e della vita in generale. Dopo un fidanzamento fallito con Regina Olsen, Kierkegaard ha compreso l'importanza di mettere Dio al primo posto nella sua vita.


La ricerca filosofica come impegno personale


Il giovane Kierkegaard si dedica alla filosofia e alla letteratura per venire a capo della sua condizione spirituale. Si laurea con una tesi in cui critica l'ironia dei romantici e apprezza quella socratica come mezzo per condurre gli uomini alla consapevolezza della drammatica serietà della vita. Kierkegaard vede in Socrate un modello per la necessità della scelta e l'indagine filosofica personale. Nutre un'insofferenza per le costruzioni teoriche e cerca di capire ciò che ognuno deve fare, cercando la propria verità. Rimane sconcertato dalle risposte definitive dei sistemi idealistici e sostiene che ciò che conta è il "mio" io, unico, singolo e irripetibile, a cui è affidata la responsabilità della scelta.


Lo sfondo religioso del pensiero di Kierkegaard 


Il tema della "scelta" come il cardine della riflessione di Kierkegaard è basato sull'episodio della rottura del suo fidanzamento con Regina Olsen. Kierkegaard sostiene che la scelta di porre Dio al di sopra di ogni altra cosa, senza compromessi, è il compito della vita. Il cristianesimo di Kierkegaard differisce dalla Chiesa ufficiale, che è accusata di essere troppo compromessa con gli interessi mondani e di trascurare gli aspetti spirituali e interiori. Kierkegaard critica anche la Chiesa per aver ridotto il messaggio di Cristo a una mera dottrina, ignorando la parte più importante del cristianesimo, ovvero l'imitazione dell'esempio di Cristo e l'impegno a seguire una vita all'insegna dell'abnegazione, dell'ascesi e del sacrificio. Kierkegaard si scaglia contro ciò che definisce una forma di "ateismo cristiano", che ignora il volto più severo e inquietante di Dio per sostituirlo con una versione addolcita. Il pensiero di Kierkegaard è basato su una visione rigorosa e intransigente del messaggio cristiano, che non ammette compromessi e presenta una scelta secca tra Dio e mondo. L'uomo si trova di fronte alla drammaticità dell'esistere, che risiede nell'inevitabilità della decisione tra termini assolutamente contraddittori e inconciliabili. La scelta è un'impegno che coinvolge il singolo fino alle sue fibre più profonde, e ciò che dà valore all'uomo è la capacità di assumersi la responsabilità della propria vita.


Le tre possibilità esistenziali dell'uomo


Kierkegaard individua tre stadi o fasi che rappresentano le possibilità esistenziali dell'uomo nel mondo: lo stadio estetico, quello etico e quello religioso. Queste tre possibilità costituiscono alternative incompatibili tra loro, come indica il titolo di una delle opere principali dell'autore, Aut-Aut, che in latino significa "o-o", indicando la scelta obbligatoria e irrinunciabile tra due opzioni. Il testo è diviso in due parti, dedicate rispettivamente alla vita estetica e a quella etica.


La vita estetica


Kierkegaard descrive la vita estetica come l'esistenza dell'uomo che vive per il piacere e per il momento presente, evitando ciò che appare noioso, ripetitivo e monotono. Per spiegare il suo punto di vista, utilizza figure concrete di uomini come Johannes, il protagonista del "Diario di un seduttore" e Don Giovanni, il personaggio del melodramma di Mozart. Kierkegaard crede che la vita estetica sia insufficiente perché chi si dedica solo al piacere si disperde nelle molteplici esperienze, perde la propria personalità e il significato della propria esistenza, finendo per cadere nella noia e nella disperazione. Come Schopenhauer, Kierkegaard afferma che la vita come desiderio continuo, come ricerca insaziabile di ciò che non si ha e non si potrà mai ottenere pienamente, non può che portare ad un esito negativo.

La vita etica 

Il pensiero di Kierkegaard suggerisce che la vita estetica, basata sul piacere e sull'appagamento, conduce alla disperazione, perché ogni individuo deve affrontare la verità in un momento specifico della sua vita e prendere una decisione. La vita estetica è caratterizzata dall'assenza di scelte e di responsabilità, ma la disperazione può diventare un momento di svolta. Lo stadio etico, invece, è dominato dalla responsabilità e dalla scelta. Kierkegaard lo rappresenta attraverso la figura del marito e della moglie, in cui la famiglia rappresenta l'ideale del dovere morale. La vita etica, tuttavia, è minacciata dal conformismo, poiché l'adesione alle norme morali e ai doveri quotidiani spesso si trasforma in una routine insoddisfacente. Tuttavia, il lavoro crea comunità e rappresenta il "dovere" comune a tutti i membri della società civile, unificando l'universale e il particolare. L'uomo diviene unico e supera la frammentarietà della personalità estetica.

La vita religiosa

In "Timore e tremore" di Kierkegaard, viene espresso il concetto che il fine ultimo dell'uomo consiste nella realizzazione della vita religiosa. Il passaggio allo stadio religioso è preceduto dal senso di colpa e dall'inquietudine, sentimenti che derivano dall'ancora inconsapevole disagio per la scelta di un'esistenza concentrata sul proprio io. La fede è paradossale perché è contraria all'opinione degli uomini e del mondo, ed è resa ancora più terribile dal fatto che implica un rapporto individuale tra l'uomo e Dio. Abramo, il patriarca biblico, è posto di fronte a un'alternativa radicale: obbedire o non obbedire al comando di Dio, un comando incomprensibile per la ragione umana. La fede è un salto nel buio, è «paradosso e scandalo».


L'uomo come progettualità e possibilità 


Il pensiero di Kierkegaard si basa sulla fede, ma i suoi temi vanno oltre i confini religiosi per diventare parte di una visione generale della vita fondata sulla "scelta". L'uomo è esistenza, può trascendere la propria condizione e proiettarsi nel futuro, ed è caratterizzato dalla progettualità e dalla possibilità di decidere cosa diventare. Tuttavia, la possibilità è la categoria più pesante, poiché tutto è ugualmente possibile, il bene come il male. L'angoscia diventa così il sentimento fondamentale dell'uomo di fronte alla propria situazione nel mondo, poiché non ha alcuna garanzia della realizzazione delle scelte che deve fare e si trova di fronte a scelte equivalenti eppure radicalmente opposte, rischiando l'errore e il peccato. L'angoscia non si riferisce a nulla di preciso, ma è il puro sentimento della possibilità. La possibilità del peccato è entrata nel mondo con la vicenda di Adamo nel paradiso terrestre, il quale, dopo aver conosciuto la possibilità di fare il male, decise di farlo, generando così il sentimento inquietante dell'angoscia.


La fede come rimedio alla disperazione 


Kierkegaard spiega che l'uomo può essere disperato quando non si accetta per quello che è o quando si considera autosufficiente e completo. La disperazione è causata dalla necessità e impossibilità della scelta e viene definita la "malattia mortale dell'io". La fede in Dio è l'unico antidoto alla disperazione perché aiuta l'uomo ad accettarsi come "colui che è nelle mani di Dio". Tuttavia, la fede non è rassicurante e sconvolge la ragione. Kierkegaard critica l'Europa borghese e razionalista dell'Ottocento che nutriva grande fiducia nel progresso del genere umano e nella storia. La sua prospettiva filosofica è impegnativa ma di grande suggestione perché i temi di cui si occupa riguardano da vicino gli uomini di ogni tempo.






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