Schopenhauer

Schopenhauer

La nuova sensibilità filosofica
La riflessione sulla condizione umana e l'analisi delle possibili vie per alleviare la sofferenza sono temi affrontati da Schopenhauer e Kierkegaard, autori fondamentali della filosofia sistematica della prima metà dell'Ottocento. Con la loro visione pessimista, essi anticipano idee che saranno riprese nel Novecento e si rendono interpreti raffinati e sensibili delle inquietudini dell'epoca. La loro analisi coglie una nuova attenzione per il singolo e il suo destino, e si fa strada l'idea che la realtà non sia tutta razionale. Cambia anche la considerazione del soggetto del sapere, che non è più un ente astratto, ma un soggetto concreto, "incarnato". Con questi pensatori cambia profondamente il ruolo stesso della filosofia, che diviene approfondimento della finitezza della condizione umana e tentativo di liberazione dai pregiudizi che ne condizionano la comprensione. La ragione non viene esautorata, ma se ne mette in discussione l'assolutizzazione. Si aprono spazi all'indagine filosofica nella direzione di quegli aspetti della persona che trascendono i confini della razionalità, quali l'affettività e la corporeità. Su queste tematiche la riflessione novecentesca concentrerà la propria attenzione facendosi ricerca del senso dell'esistenza umana e interpretazione di una realtà sempre più complessa e pluridimensionale.

L'opposizione all'ottimismo idealistico


Parlando dell'opposizione all'ottimismo idealistico nel periodo storico della prima metà dell'Ottocento, possiamo dire che è caratterizzato da una profonda trasformazione tecnica, economica e sociale con la nascente società industriale. Gli autori analizzati, come Schopenhauer, Kierkegaard e Leopardi, elaborano una visione pessimistica della vita in reazione ai miti del progresso e della felicità. La loro posizione riflette il crollo delle speranze che l'Illuminismo aveva nutrito circa un mondo avviato verso il benessere e la felicità degli uomini, ma che si rivela illusorio a causa di una società conflittuale e sempre più inumana. La critica principale è rivolta alla filosofia di Hegel, che secondo Schopenhauer elabora una filosofia ingannatrice al fine di convincere gli uomini che la realtà è permeata di razionalità. Anche la poesia di Leopardi esprime una visione pessimistica della vita, mentre Kierkegaard si distingue per la sua analisi illuminata dalla fede cristiana, che tuttavia rivela la condizione umana come angoscia e disperazione.


Schopenhauer rappresentazione e volontà

Arthur Schopenhauer, filosofo tedesco vissuto nel XIX secolo, che propone due prospettive diverse sul mondo: quella della scienza, secondo cui esso è una mia rappresentazione, e quella della filosofia, in base al quale è volontà. La sua visione pessimistica della vita umana è influenzata dalla sua esperienza borghese e dalla morte del padre, che lo porta ad approfondire la filosofia e l'arte greca. Schopenhauer è influenzato dai pensieri di Platone e di Kant, che rappresentano per lui un punto di riferimento privilegiato, e si interessa anche alla sapienza orientale delle Upanishad e dei testi buddisti. La sua opera più importante è "Il mondo come volontà e rappresentazione", in cui espone la sua visione del mondo come volontà.
Il mondo come rappresentazione 
Il superamento di realismo e idealismo

Il mondo, secondo Schopenhauer, è una rappresentazione soggettiva e non è possibile conoscere le cose in sé stesse, ma solo come si presentano nella nostra esperienza. Schopenhauer critica sia il realismo che l'idealismo, affermando che soggetto e oggetto sono due aspetti correlati della rappresentazione stessa. Schopenhauer riprende le tesi di Kant sulle forme a priori dello spazio e del tempo come condizioni soggettive della conoscenza. Queste forme organizzano le rappresentazioni percettive in relazione allo spazio e al tempo. Lo spazio e il tempo fungono da principi di individuazione delle cose, permettendo di distinguere e isolare le diverse rappresentazioni.
Il principio di causalità
Schopenhauer sostiene che gli oggetti vengono compresi dall'intelletto umano attraverso la categoria di causa, che rappresenta l'unica categoria riconosciuta da lui. La realtà è composta da una rete di fenomeni interconnessi grazie al principio causale. Tale principio può essere visto in quattro configurazioni: come principio del divenire, del conoscere, dell'essere e dell'agire. Schopenhauer ritiene che il fondamento della realtà sensibile si trovi nella causalità, la quale è essenzialmente l'azione reciproca delle cose. Tuttavia, ciò implica un determinismo rigido nel mondo fenomenico, che viene percepito solo in relazione a un soggetto conoscente.
Il carattere illusorio della realtà fenomenica
Schopenhauer, simile a Kant, considera il mondo fenomenico, dominato dalla causalità, come l'ambito della rappresentazione e della conoscenza scientifica. Tuttavia, a differenza di Kant, Schopenhauer lo considera illusorio e ingannevole. Secondo Schopenhauer, le forme a priori attraverso cui il soggetto percepisce la realtà sono come vetri sfaccettati che alterano e deformano la visione delle cose. Egli utilizza l'espressione induista "maya", che significa "illusione" o "magia", per descrivere il mondo fenomenico come un velo che si interpone nella conoscenza della vera essenza della realtà. Questo mondo della rappresentazione è costituito da apparenze che sono coerenti e connesse, ma nella sostanza sono tutte evanescenti, simili alle immagini che popolano i sogni. Anche se manca l'ordine dei fatti reali, queste esperienze sono analoghe a leggere un libro in modo ordinato o a sfogliarlo casualmente.


Il mondo come volontà 
Il corpo come chiave di accesso alla verità
Schopenhauer sostiene che, oltre al mondo fenomenico dominato dalla rappresentazione scientifica, c'è un modo per accedere alla verità dell'essenza della realtà. Questo si trova nel corpo umano, che ha una duplice valenza: da un lato è un oggetto tra gli oggetti e fa parte del mondo fenomenico, ma dall'altro è anche la sede della volontà, una forza primordiale che sfugge alla causalità e che costituisce l'intima essenza dell'io. Attraverso il corpo e il rapporto diretto con esso, Schopenhauer individua la possibilità di un'esperienza intuitiva e intima che permette di andare oltre i confini della rappresentazione e del sapere intellettuale, e di squarciare il velo di Maya che separa l'uomo dalla verità.
La volontà di vivere come essenza dell'universo

Secondo Schopenhauer, la volontà di vivere è l'essenza dell'universo, che si manifesta attraverso le pulsioni del corpo, come il bisogno di mangiare o di riprodursi. Questa volontà è presente in ogni cosa e si esprime in tutte le attività, ma è anche inconsapevole, eterna, unica e cieca. Schopenhauer distingue due prospettive: la concezione del mondo come rappresentazione e la concezione del mondo come volontà. La prima è la prospettiva comune, in cui il mondo è visto come oggetti esterni alla coscienza, mentre la seconda è una visione più profonda che rivela l'essenza della realtà come volontà.

La vita come continuo oscillare tra desiderio e noia

Secondo Schopenhauer, la vita è un continuo oscillare tra desiderio e noia, dove il desiderio è una condizione di privazione che non permette mai di raggiungere la quiete dell'appagamento definitivo. L'uomo, essendo per natura "carente", è destinato a una ricerca continua e insaziabile della felicità, fonte di perenne inquietudine e quindi di sofferenza. Il piacere è visto come un intervallo fugace tra un dolore e un altro, un momento di attenuazione di una mancanza che subito si ripresenta. Inoltre, la noia è una condizione esistenziale di vuoto che subentra quando si allenta l'ansia provocata dal desiderio e dalle attività frenetiche per soddisfarlo. La conclusione amara di Schopenhauer è che nel mondo prevale il dolore, e gli uomini soffrono di più delle altre creature a causa della loro maggiore consapevolezza della propria condizione.

Le vie di liberazione dal dolore dell'esistenza

Le vie di liberazione dal dolore dell'esistenza, secondo Schopenhauer, includono l'arte, la morale e l'ascesi. L'esperienza estetica è considerata la prima forma di liberazione dal dolore. Attraverso l'arte, come la contemplazione di un quadro, la lettura di un libro o l'ascolto di musica, l'individuo si distacca dalla catena degli eventi e della causalità, dimenticando sé stesso e il proprio dolore. L'arte è considerata una conoscenza disinteressata che mira alla pura "idealità" della cosa, al di fuori del desiderio, e rappresenta un "quietivo" per la volontà, liberandola temporaneamente dalla sua influenza. Inoltre, l'esperienza estetica ha una funzione catartica, in quanto permette di oggettivare il dolore, renderlo universale e distante, superando l'individualità e attenuando l'emotività. La musica in particolare è considerata indipendente dal mondo dei fenomeni, espressione immediata della volontà antecedente alle sue oggettivazioni visibili, e occupa un posto di grande rilievo nella riflessione di Schopenhauer.

Sebbene l'arte sia importante per liberare l'uomo dalle preoccupazioni della vita quotidiana, la sua efficacia è limitata nel tempo. La morale, d'altra parte, può portare a una liberazione più duratura dai mali della vita. La morale permette all'uomo di superare il principio di individuazione e di considerarsi parte dell'unica volontà universale che accomuna tutti gli esseri. Ciò può essere raggiunto attraverso la giustizia e la carità, che negano la volontà individuale e eliminano il conflitto tra gli uomini. Tuttavia, il processo di liberazione più alto richiede la negazione della volontà di vivere in sé stessa, che può essere ottenuta solo attraverso l'ascesi.

L’ascesi consiste nella mortificazione degli istinti e dei bisogni dell'uomo, al fine di raggiungere una negazione radicale della volontà. Per Schopenhauer, questo processo è necessario per raggiungere la redenzione finale nel nirvana, che è l'esperienza del nulla, la negazione del mondo e della volontà di vivere. Questo stato di serenità permette di superare la differenza tra il soggetto e l'oggetto e di raggiungere la pace interiore.



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